giovedì 4 settembre 2008

I “capricci” dei piloti della MotoGP: dove andremo a finire?

E così, nel 2009 anche il team Repsol Honda, emanazione ufficiale della potentissima HRC, dividerà il box in due con un bel muretto. Non sappiamo ancora se Dani Pedrosa, consigliato dal simpatico Puig, pretenderà di costruirlo in solidi mattoni, anziché piazzare un sottile separè. Sai com’è, dall’altra parte potrebbero origliare…

La divisione, in realtà, inizierà già a Indianapolis tra una decina di giorni, dove Camomillo Pedrosa avrà le tanto sognate Bridgestone: immaginiamo gli ingegneri giapponesi rinchiusi in un bunker a Tokyo impegnati a studiare come separare Pedrosa da Hayden, per escogitare una soluzione che possa incontrare il gradimento dello spagnolo.

In ogni caso, non vogliamo continuare ad infierire sul team ufficiale Honda (sarebbe come sparare sulla croce rossa, tanto è inesistente una gestione del box): la HRC si sta semplicemente adeguando a un cambiamento che è in atto già da tempo in MotoGP, dove non sembra esserci di fatto più spazio per un “vero” team, come quelli che c’erano una volta, con due piloti forti pronti a darsi battaglia per conquistare la supremazia. Non a caso si è sempre detto che il primo rivale di un pilota è il proprio compagno di squadra. In MotoGP non è più così, in realtà già da un po’ di tempo.

I tanti muri che stanno spuntando nei box, infatti, rendono soltanto visibile e chiaro a tutti ciò che prima si cercava di “nascondere”, per dare al mondo l’immagine di un team unito e garante di un trattamento paritetico per entrambi i piloti. Lo chiedeva la storia, dato che è sempre stato così, e quindi ci si vergognava un po’ a far capire che, sotto sotto, uno dei due piloti era il favorito. Adesso è caduto anche questo tabù: non ci si vergogna più a puntare su un solo pilota, quindi tanto vale fare da sé. Io di qua, tu di là.

Quel pilota è scomodo? E io ci metto il veto
Non tutti lo fanno, direte voi, ma i top team che ancora non innalzano un bel muretto non è che siano da meno: per evitare di adottare questa soluzione, diventano di fatto “schiavi” del loro pilota di punta, che inizia a porre dei “veti” su questo o quel pilota giudicato troppo “scomodo”.

Tutto ciò succede da almeno un paio d’anni: basta pensare a Rossi che non volle Stoner in squadra (in fondo fece la fortuna dell’australiano, che vinse poi il mondiale con la Ducati), o a Capirossi che drizzò le orecchie quando sentì parlare di Biaggi come sostituto per l’infortunato Gibernau. Oppure all’ultimo di questi episodi, la lotta dell’accoppiata Pedrosa-Puig per non far approdare Dovizioso in HRC.

Un ostracismo che tiene il team in ostaggio, e che si può risolvere in due modi: o si ripiega su un ottimo “secondo”, un fido scudiero alla Edwards, oppure si divide in due il team. Da questo punto di vista il cambio in corsa di Pedrosa, da Michelin a Bridgestone, potrebbe rappresentare proprio la fortuna di Dovizioso: sfruttando il discorso gomme, Dani farà spaccare in due il team HRC, come ha fatto quest’anno la Yamaha, e a prescindere dal fatto che nel 2009 entrambi i piloti monteranno o meno le stesse gomme, c’è da stare certi che non si tornerà indietro. In sostanza Pedrosa (e la Repsol) con questa mossa molto discussa ha preso due piccioni con una fava: ha ottenuto le Bridgestone, e la separazione dal compagno di squadra.

Prendo Hayden perché è... mister nice guy
Un altro discorso lo merita l’affare Hayden-Ducati: la Casa di Borgo Panigale ha chiaramente trovato in Stoner la gallina dalle uova d’oro, il fenomeno che riesce a interpretare a meraviglia la Desmosedici. La scelta di Nicky è senza dubbio dovuta anche a valutazioni sportive (Kentucky Kid, almeno sulla carta, ha uno stile di guida che si dovrebbe adattare alla Rossa), ma fa strano sentire ormai in tutto il paddock che Nicky è un’ottima scelta perché è “un bravo secondo, un docile compagno di squadra”. Uno che non fa storie, insomma: basta guardare cosa gli stanno facendo passare in HRC per rendersene conto.

Dal monogomma si passerà al... monomarca?
I piloti della MotoGP sono sempre più “capricciosi”, e hanno forse paura del primo vero confronto che gli si para davanti, quello col compagno di squadra. Non vogliono grattacapi, vogliono il team tutto per sé, vogliono essere loro soli a “indirizzare lo sviluppo”. Queste loro richieste stanno cambiando il volto del campionato. Meglio vedere un pilota scomodo in un’altra squadra, su un’altra moto e magari con altre gomme, anziché avercelo al fianco: sai quante scuse da poter tirare fuori, in caso di sconfitta?

Fino a quando, però, queste differenze non vengono giudicate troppo elevate. Anche in questo i piloti della MotoGP non si stanno rivelando affatto professionali; vogliono decidere sul loro compagno di squadra, e se non vengono accontentati, ecco pronto un bel muro per isolarsi. Le gomme non vanno come quelle dei rivali? Ecco pronta la stessa gomma. Dove andremo a finire di questo passo? Quando i piloti inizieranno a parlare di disparità relative anche a elettronica, motore, telaio, eccetera, non aspettiamoci soltanto il monogomma, ma un vero e proprio monomarca.

Alberto Cani

Fonte: http://www.gpone.com

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